Un Sinodo importante. La Relatio conclusiva arretra rispetto a quella della prima settimana. Noi Siamo Chiesa si impegnerà nei prossimi mesi con tutta l’area ‘conciliare’ perché tutto non resti come prima.
Questa prima fase del Sinodo sulla famiglia resterà nella storia della Chiesa. Questioni che erano state sollevate da tempo dalla 'base' del Popolo di Dio sono state discusse da un’istituzione ecclesiastica che non ha mai avuto in passato un ruolo significativo, sia per la sua composizione che per il suo ruolo solo consultivo. Questi limiti di partenza non gli hanno impedito, per merito principale di papa Francesco, di affrontare la realtà della famiglia senza lasciarsi paralizzare dai modelli del Catechismo, da normative canonistiche, da 'verità' definite per sempre. Così le gioie, le sofferenze, le contraddizioni e le differenti culture e prassi con cui nell’universo cattolico si vive la famiglia sono state fotografate in modo sufficiente, particolarmente nel Messaggio e nella prima parte della Relatio conclusiva. Meglio tardi che mai. Il questionario, proposto un anno fa dalla segreteria del Sinodo, ha infatti avviato un ascolto che, per troppi anni, dal vertice fino alla base della struttura ecclesiastica, era stato impedito perché si pretendeva che tutto fosse già stato detto nella dottrina e nella prassi.
Al Sinodo le relazioni famigliari si sono confermate-e non poteva non esserlo- nel vissuto di ogni credente la sede principale degli affetti, della solidarietà, della educazione ma anche delle tensioni, delle contraddizioni, delle difficoltà. La comunità cristiana, più di qualsiasi altra struttura di vita associativa, partecipa ed è condizionata da questo vissuto. Di questo ha parlato il Sinodo. Mi pare che la discussione sia stata vivace ma è un peccato che, per una decisione immotivata, non siano stati resi noti i singoli interventi, come avveniva in passato; comunque sulla stampa e nei media le principali questioni sono state molto discusse con vivaci contrapposizioni che vengono da lontano.
Premessa questa condivisione dell’itinerario che è stato avviato e che si concluderà nel prossimo ottobre, faccio alcune prime sintetiche osservazioni sulla Relatio Synodi che ha concluso sabato i lavori, con l’impegno di 'Noi Siamo Chiesa nei prossimi mesi a fare altre analisi e proposte:
- mi sembra ottimo che il Sinodo abbia rovesciato la precedente demonizzazione del matrimonio civile e delle convivenza e che ne abbia colto invece 'gli elementi positivi';
- mi sembra buona cosa che si sia rotto il tabù assoluto della proibizione della partecipazione dei divorziati risposati all’eucaristia. Le soluzioni prospettate, soprattutto nella Relatio post disceptationem, appartengono ancora alla logica della procedura tesa alla dichiarazione di nullità del matrimonio (che però si vuole semplificare e sveltire). Ci sembra una strada insufficiente. Si abbia il coraggio di prendere atto anche dei casi di matrimoni del tutto validi che si sono conclusi per i motivi più diversi, in cui i coniugi, se del caso dopo un percorso penitenziale, siano liberi di stringere un secondo vincolo di tipo sacramentale che sia pienamente accettato nella comunità ecclesiale;
- non capisco cosa significhi, al punto 53, parlare di possibile 'comunione spirituale' dei divorziati risposati. Di che si tratta? Perché allora non potrebbero accedere a quella sacramentale? Chi dice queste cose non pecca di un po’ di furbizia o di ipocrisia?
- la lettura del n. 55 sulle persone con orientamento omosessuale mi lascia sbigottito. Si fa una citazione (senza indicarne le fonte, è mai possibile una cosa del genere?) secondo cui 'non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia'. Poi si cita un documento dell’ex-S.Ufficio. Punto e a capo. La marcia indietro rispetto ai punti 50, 51 e 52 della Relatio post disceptationem è completa e lascia amareggiati. Allora durante le prima settimana si è scherzato! La problematica vi era stata ampiamente trattata con un atteggiamento aperto all’accoglienza nella linea di un orientamento generale che si sta lentamente diffondendo nella Chiesa e a cui ha contribuito il movimento degli omosessuali credenti. Suppongo che la faziosa controffensiva dei conservatori sia stata efficace e che i tanti 62 voti contrari a questo paragrafo siano di vescovi che non accettano che nulla cambi e che si continui quindi negli errori di demonizzazione e di esclusione del passato;
- sulla Humanae Vitae si dice che 'va riscoperto il suo messaggio che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità'. Questa frase non si capisce bene cosa voglia per rilanciare la HV. Ma il Sinodo ha discusso della Humanae Vitae? Non sembra. Allora questa citazione sembra fatta di passaggio per dovere di rispetto nei confronti dell’autorità pontificia (e il giorno prima della beatificazione di Paolo VI), dando per scontato che questa enciclica è di fatto decaduta perché, dall’inizio e ininterrottamente, non recepita nel sentire diffuso del Popolo di Dio. Non sarebbe stato meglio usare la parresia richiesta da papa Francesco e dire le cose come stanno?
- il dibattito al Sinodo sembra aver preso strade diverse da quelle che ha seguito fino ad ora la Conferenza episcopale italiana sulle questioni della famiglia. Niente toni da crociata, niente 'campagne', niente 'valori non negoziabili', niente 'legge naturale'. Spero, come tanti, che il decennale incontro della Chiesa italiana del prossimo anno a Firenze segni una svolta.
I dodici mesi che ci separano dal Sinodo ordinario del prossimo ottobre dovrebbero fare emergere meglio nella Chiesa - questo è almeno quanto aspettiamo - la consapevolezza che ogni cristiano e la Chiesa tutta devono essere sempre in cammino. Chi si ferma rimane solo a fare il testimone del passato.
Roma, 20 ottobre 2014
Vittorio Bellavite, portavoce nazionale
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